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Il cappotto
























Paese: Italia
Anno: 1952
Durata: 85 min
Colore: B/N
Audio: sonoro
Rapporto:
Genere: commedia, drammatico
Regia: Alberto Lattuada
Soggetto: dall'omonimo racconto di Nikolaj Gogol
Sceneggiatura: Alberto Lattuada, Luigi Malerba, Cesare Zavattini
Produttore: Faro Film / Titanus (direttore di produzione: Bianca Lattuada)

Interpreti e personaggi

* Renato Rascel: De Carmine
* Giulio Stival: il sindaco
* Yvonne Sanson: Caterina
* Antonella Lualdi: Vittoria
* Sandro Somarè: il fidanzato
* Nino Marchetti: un impiegato
* Silvio Bagolini: il cocchiere
* Claudio Ermelli: il fotografo
* Giulio Calì: il sarto
* Anna Carena: la padrona di casa
* Alfredo Ragusa: l'usciere
* Mimo Billi: il segretario comunale

Fotografia: Mario Montuori
Montaggio: Eraldo Da Roma
Musiche: Felice Lattuada
Scenografia: Gianni Polidori
Costumi: Dario Cecchi

Trama:

Pavia, anni '30. L'impiegato comunale De Carmine vive a pensione in una modesta cameretta. Il suo magro stipendio non gli permette di comprare il cappotto nuovo di cui avrebbe bisogno. Quando gli si presenta l'occasione di guadagnare soldi extra, De Carmine ordina subito al proprio sarto un cappotto su misura. Così vestito e tirato a lucido, si reca a una festa di Capodanno, dove scandalizza il sindaco ballando con la sua amante. Ma sulla strada di casa viene derubato del cappotto; disperato, chiede aiuto ma di fronte all'indifferenza e alla cattiveria (specie del sindaco, che non vuole aiutarlo), muore dal dolore. Ritornerà sotto forma di fantasma per le strade di Pavia a reclamare giustizia, terrorizzando i cittadini e divertendosi a spogliarli dei loro soprabiti nelle fredde e nebbiose serate d'inverno.

Rispetto al racconto di Gogol, Il cappotto di Lattuada accentua nel protagonista il carattere passivo e remissivo, facendone una creatura che vive l'alienazione cui lo costringono il mestiere e la dipendenza gerarchica. La regia riduce il lato patetico e melodrammatico della storia e riconduce il racconto dentro una dimensione logico-razionale, racchiudendo i momenti più tragici (il furto del cappotto) in una scenografia geometrica. Film singolare, in qualche modo diverso dai canoni del neorealismo da cui pure cerca di affrancarsi, Il cappotto tenta in definitiva una sintesi tra la fredda esposizione dei fatti e l'efficacia dello sviluppo drammatico; ma soprattutto, si muove in un continuo andirivieni fra la cifra realistica di alcune situazioni (la vita privata di De Carmine) e l'aspetto allucinato di altre: basti vedere la scena del consiglio comunale (in cui Rascel legge i suoi disordinatissimi appunti dando vita a un assurdo ma irresisitibile resoconto) e l'apparizione del fantasma.





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