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Addio a Tom Bosley, l’Howard Cunningham di “Happy Days”
















Era il «ferramenta» più famoso del mondo, un adepto della «Loggia del Leopardo» e soprattutto l’uomo che col suo inattaccabile buonsenso metteva un freno alle sparate di Fonzie e ai sogni rock’n’roll del figlio Richie Cunningham e dei suoi amici Potsie e Ralph. Tutti lo conoscono come Howard Cunningham, una delle caratterizzazioni più efficaci del serial “Happy Days” ma Tom Bosley - scomparso ieri a 83 anni nella sua villa di Palm Spring in California per un’infezione - era un attore di lungo corso e di grande versatilità. Bosley è nato a Chicago, figlio di Dora e Benjamin Bosley. Durante la Seconda guerra mondiale entrò a far parte della Marina Militare degli Stati Uniti d'America. Mentre ancora frequentava la DePaul University, nel 1947 fece il suo debutto sul palcoscenico di Our Town nel "Fine Arts Theatre". Bosley ha effettuato anche delle performance nel Woodstock Opera House a Woodstock in Illinois, nel 1949 e nel 1950 accanto a Paul Newman. Ha iniziato interpretando il fante di cuori nel 1955 in una produzione televisiva di Alice in wonderland, però il suo debutto alla grande lo ebbe con il ruolo di Fiorello La Guardia, tre volte sindaco di New York nel musical “Fiorello” nel 1959 con cui vinse un Tony Award[2]. Nel 1994 ha ricoperto il ruolo di Maurice ne La Bella e la Bestia. Iniziò con il suo primo ruolo cinematografico nel 1963 come l'aspirante corteggiatore di Natalie Wood in Strano incontro (Love with the Proper Stranger), poi ha avuto altri ruoli nei film come La vita privata di Henry Orient (The World of Henry Orient), Divorzio stile americano (Divorce American Style), Appuntamento sotto il letto (Yours, Mine and Ours) e Gus. Inoltre Bosley ha condiviso una storia sincera sulla sua esperienza con l'Olocausto nel film documentario Paper Clips. Apparì anche in televisione nel 1960 nel programma Diagnosi: Sconosciuto (Diagnosis: Unknow) con Patrick O'Neal, nel 1962 ha interpretato l'assistente procuratore nell'episodio "L'uomo che voleva morire" nel telefilm La legge e il signor Jones (Laws and Mr. Jones). Nel 1969 è apparso nell'episodio Il virginiano (The Virginian). In Happy Days papà Cunningham, coi suoi consigli e le sue battute, era il prototipo di quei padri americani un po’ conservatori i ma al tempo stesso aperti ai giovani. TV Guide aveva classificato Bosley, nelle vesti di Howard Cunningham, al posto numero 9 della classifica dei «50 Greatest Dads of All Time Tv» nel 2004, i 50 più grandi "papà" della storia della Tv. Solo la (finta) svampita moglie Marion (lo ha ricordato così: “Sul set è stato mio marito per undici anni e un papà per tutta la squadra. Eravamo una coppia perfetta”) lo metteva sotto con battute al tempo stesso candide e taglienti; per il resto il suo faccione pacioso teneva a bada persino il ribelle machismo di Fonzie. Nei serial televisivi si faceva ricordare anche quando non era protagonista. Nella popolarissima serie “La signora in giallo” (Murder, She Wrote) è stato a lungo a fianco della scrittrice Jessica Fletcher (Angela Lansbury), nei panni dello sceriffo Amos Tupper, molto ben caratterizzato come tutore della legge di una cittadina del Maine. Tra i ruoli che lo hanno visto da protagonista i film tv “I racconti di padre Dowling” (Father Dowling Mysteries) dove interpretava un prete -investigatore sulle orme di Padre Brown, ma Bosley ha lavorato anche in “Marcus Welby” (progenitore di “Dr House”) e nel mitico (per gli americani) episodio pilota di “Night Gallery” diretto da Steven Spielberg e con protagonista Joan Crawford. nonostante il grande successo televisivo non abbandonò mai il teatro. Così come la sua carriera non si interruppe mai. Bosley è stato anche un doppiatore, è stato ospite in radio nella "General Mills Radio Adventure Theater" una serie drammatica per bambini del 1977. Ha doppiato molti personaggi dei cartoni animati tra cui Harry Boyle in "Wait Tll Your Father Gets Home" Ha dato la voce al carattere di David Gnomo e il proprietario del negozio di Mr Winkle in uno speciale di natale per Bambini. Ha doppiato anche la voce di Geppetto in I sogni di Pinocchio, uscito nel 1987. Nel 2008 ha girato il film tv “Charlie & Me” e pochi mesi fa era tornato in teatro al fianco di Jennifer Lopez in “The Backup Plan”, anche se il suo fisico era già indebolito e minato dall’infezione virale che lo ha portato via ai suoi affezionati spettatori - soprattutto giovani - che nel pazzo mondo dell’«american graffiti» ricorderanno sempre la pacata saggezza di Howard Cunningham. Il New York Times gli ha dedicato un'intera pagina: "Un uomo dalla voce calda, attore con un corpo rotondo che personificava l'autorità paterna".

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Fantasma d'amore
























Titolo originale Fantasma d'amore
Lingua originale italiano
Paese Italia/Germania/Francia/Monaco
Anno 1981
Durata 96 min. / Argentina: 99 min.
Colore colore
Audio sonoro
Genere drammatico
Regia Dino Risi
Soggetto Mino Milani
Sceneggiatura Dino Risi, Bernardino Zapponi
Produttore Pio Angeletti,
Adriano De Micheli,
Luggi Waldleitner (non accreditato)
Fotografia Tonino Delli Colli
Montaggio Alberto Gallitti
Musiche Riz Ortolani
Scenografia Giuseppe Mangano
Costumi Annalisa Nasalli-Rocca
Trucco Corrado Cristofori, Michel Deruelle, Giulio Natalucci
Interpreti e personaggi

* Romy Schneider: Anna Brigatti Zighi
* Marcello Mastroianni: Nino Monti
* Eva Maria Meineke: Teresa Monti
* Wolfgang Preiss: Conte Zighi
* Michael Kroecher: Don Gaspare
* Paolo Baroni: Ressi
* Victoria Zinny: Loredana
* Giampiero Becherelli: Prof. Arnaldi
* Ester Carloni
* Riccardo Parisio Perrotti
* Raf Baldassarre: Luciano
* Maria Simona Peruzzi
* Liliana Pacinotti
* Adriana Giuffrè
* Julian Beck

Fantasma d'amore è un film del 1981, diretto dal regista Dino Risi, ambientato a Pavia.

Tratto dall'omonimo romanzo di Mino Milani, Fantasma d'amore è la storia di un uomo che un giorno per caso incontra sull'autobus una sua vecchia fidanzata, ricomincia una passione, finché alcuni misteriosi indizi si presentano al protagonista. Il film è interamente girato in provincia di Pavia presso luoghi tuttora riconoscibili. Questo straordinario film si avvalse delle musiche composte da un grande musicista Riz Ortolani, che per l'occasione fece venire appositamente a Roma il Re dello Swing Benny Goodman, per incidere col suo storico clarinetto (magicamente) la colonna sonora.


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I quattro cavalieri dell'Apocalisse
























Titolo originale The Four Horsemen of the Apocalypse
Lingua originale Lingua inglese
Paese Stati Uniti d'America
Anno 1962
Durata 153 min
Colore colore
Audio sonoro
Rapporto 2,35 : 1
Genere guerra
Regia Vincente Minnelli
Soggetto Vicente Blasco Ibáñez
Sceneggiatura Robert Ardrey,

John Gay
Produttore Julian Blaustein
Casa di produzione Metro-Goldwyn-Mayer
Fotografia Milton R. Krasner
Montaggio Adrienne Fazan, Ben Lewis
Musiche André Prévin
Scenografia George W. Davis, Urie McCleary, Elliot Scott
Costumi René Hubert, Walter Plunkett
Trucco Charles E. Parker, William Tuttle
Sfondi F. Keogh Gleason, Henry Grace
Interpreti e personaggi

* Glenn Ford: Julio Desnoyers
* Ingrid Thulin: Marguerite Laurier
* Charles Boyer: Marcelo Desnoyers
* Lee J. Cobb: Julio Madariaga
* Paul Lukas: Karl von Hartrott
* Yvette Mimieux: Chi Chi Desnoyers
* Karlheinz Böhm: Heinrich von Hartrott
* Paul Henreid: Etienne Laurier
* Harriet E. MacGibbon: Dona Luisa Desnoyers
* Kathryn Givney: Elena von Hartrott
* Marcel Hillaire: Armand Dibier
* George Dolenz: Gen. von Kleig
* Stephen Bekassy: Col. Kleinsdorf
* Nestor Paiva: Miguel
* Albert Rémy: François

Doppiatori italiani

* Giuseppe Rinaldi: Julio Desnoyers

I quattro cavalieri dell'Apocalisse è un film drammatico di guerra del 1962 basato su un romanzo di Vicente Blasco Ibáñez, diretto da Vincente Minnelli.

Trama

Il patriarca Julio Madariaga (Lee J. Cobb) riunisce le due famiglie, i Desnoyers e i von Hartrott, per una cena dove Heinrich von Hartrott (Karlheinz Böhm) di ritorno da Berlino manifesta il proprio entusiasmo per Adolf Hitler provocando la dura reazione di Madariaga che in un furioso sfogo maledice il nazismo, morendo tra le braccia di Julio (Glenn Ford).

La morte di Madariaga divide nuovamente le due famiglie: i von Hartrott a Berlino e i Desnoyers a Parigi.

Con lo scoppio della II guerra mondiale Parigi viene occupata dai nazisti ed Heinrich, diventato ufficiale SS l'élite del Partito Nazista, incontra in un locale il cugino Julio, inguaribile dongiovanni e viveur dedito alla vita mondana, accompagnato da Marguerite Laurier (Ingrid Thulin) il cui marito, Etienne Laurier (Paul Henreid) è partito per il fronte. Durante la serata le continue ed insistenti avance del Generale von Kleig a Madame Laurier irretiscono Julio provocando la reazione sproporzionata di von Kleig: l'intervento di Heinrich impedisce che il cugino venga arrestato ed accusa il generale di abuso di potere.

Nel mentre Chi Chi (Yvette Mimieux), la giovane Desnoyers, entra nella resistenza parigina e viene arrestata dai nazisti insieme ad alcuni compagni. Il padre Marcelo Desnoyers (Charles Boyer) insieme a Julio riescono ad ottenere dal cognato Karl von Hartrott (Paul Lukas) e da Heinrich la liberazione della ragazza con la promessa che l'accaduto non si ripeta.

Etienne Laurier torna in pessime condizioni dalla prigionia e viene accolto da una stupefatta Madame Lurier. Intanto Julio continua la sua apparente vita mondana e gaudente ma in realtà ferito dalla notizia della morte di Chi Chi uccisa dopo essere stata nuovamente arrestata e torturata, decide che la propria neutralità non ha più senso ed entra a sua volta nella resistenza. Qui incontra Etienne Laurier che gli propone di raggiungere Heinrich in un rifugio segreto delle SS approfittando della propria parentela.

Julio accetta la missione, raggiunge ed incontra Heinrich. Durante la loro conversazione inizia un furioso bombardamento: l'automobile di Julio (fornita di segnalatore) permette agli aerei alleati di localizzare il rifugio

Curiosità

* Vincente Minnelli, inizialmente riluttante a dirigere il film, ha in seguito lavorato per la sceneggiatura spostando la storia dalla Prima alla Seconda Guerra Mondiale.
* Sempre Minnelli voleva Alain Delon e Romy Schneider per i ruoli principali che però declinarono, scegliendo in un secondo momento Glenn Ford ed Ingrid Thulin (doppiata da Angela Lansbury).
* La maggior parte del film è stato girato a Parigi, durante la primavera e l'estate del 1960.
* Economicamente fu un flop.
* Mike Bongiorno ha lavorato come comparsa, interpretando il ruolo di una delle guardie naziste al posto di blocco











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Era notte a Roma

























Titolo originale Era notte a Roma
Paese Italia
Anno 1960
Durata 120 min
Colore B/N
Audio sonoro
Genere drammatico, guerra
Regia Roberto Rossellini
Soggetto Sergio Amidei
Sceneggiatura Sergio Amidei, Diego Fabbri, Brunello Rondi, Roberto Rossellini
Fotografia Carlo Carlini
Musiche Renzo Rossellini
Interpreti e personaggi

* Giovanna Ralli: Esperia
* Paolo Stoppa: Principe Alessandro Antoniani
* Renato Salvatori: Renato
* Sergej Fëdorovič Bondarčuk: Fyodor Nazukov
* Leo Genn
* Peter Baldwin
* Enrico Maria Salerno
* Laura Betti
* Sergio Fantoni
* Hannes Messemer
* Rosalba Neri










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Tempo d'estate

























« Quella è Burano .... Una volta la chiamavano l'isola dove finisce l'arcobaleno ... Perché ha tutti i colori dell'iride »

(Renato de Rossi)

Titolo originale Summer madness/Summertime
Lingua originale Inglese/Italiano
Paese Gran Bretagna/USA
Anno 1955
Durata 130 minuti
Colore colore
Audio sonoro
Genere commedia sentimentale
Regia David Lean
Soggetto Arthur Laurents
Sceneggiatura H.E. Bates, David Lean
Produttore Ilya Lopert, Alexander Korda
Fotografia Jack Hildyard
Montaggio Peter Taylor
Musiche Alessandro Cicognini
Scenografia Vincent Korda
Interpreti e personaggi

* Katharine Hepburn: Jane Hudson
* Rossano Brazzi: Renato de Rossi
* Isa Miranda: Signora Fiorini
* Darren McGavin: Eddie Yaeger
* Mari Aldon: Phyl Yaeger
* Jane Rose: Signora Mcllhenny
* MacDonald Parke: Signor Mcllhenny
* Jeremy Spenser: Vito de Rossi
* Gaetano Autiero: Mauro
* Virginia Simeon: Giovanna

Doppiatori italiani

* Lydia Simoneschi: Katharine Hepburn
* Anna Miserocchi: Isa Miranda
* Flaminia Jandolo: Mari Aldon
* Dhia Cristiani: Jane Rose
* Luigi Pavese: MacDonald Parke

Trama

Jane Hudson è una donna americana non più giovanissima che arriva a Venezia per una vacanza. La donna è entusiasta del paesaggio, tanto che filma tutto, anche l'arrivo in treno. Sul traghetto che porta dalla stazione alla città, incontra i signori Mcllhenny, americani anch'essi, che stanno girando l'Europa. Per combinazione, abiteranno tutti alla pensione Fiorini. Qui Jane si trova una stanza con terrazzino e una visione mozzafiato su Venezia e la laguna. Inizia così la vacanza, girando per la città e filmando tutto e tutti. Essendo sola, però, ogni tanto si trova malinconica e triste. Un giorno, seduta a un tavolino di piazza San Marco, si accorge di essere osservata da un uomo affascinante seduto poco distante e turbata si allontana in fretta. Poco dopo entra in un negozio di antiquariato per acquistare una coppa di vetro, ed il negoziante è lo stesso uomo. Sempre più turbata, si fa accompagnare da Mauro (un ragazzino che vive di espedienti) nei dintorni del negozio ed inavvertitamente, cade in acqua. Tornata alla pensione, viene raggiunta dall'antiquario che inizia a farle la corte. Affascinata la donna, cede alle lusinghe di Renato de Rossi e inizia a uscire con lui, continuando a frequentarlo anche quando scopre che lui è sposato ma separato. Infine, temendo il logorio del rapporto, parte per tornare in America, con questo stupendo ricordo di un amore estivo.

Note

* Il film non ebbe molti consensi da parte della critica ma ebbe un buon responso ai botteghini e consenso di pubblico, soprattutto di lingua inglese
* Questo film segna il lancio definitivo di David Lean verso le mega produzioni. Dopo questo lavoro, infatti, arriveranno tra gli altri Il dottor Zivago, Lawrence d'Arabia e Il ponte sul fiume Kwai
* Nella caduta nel canale Katharine Hepburn contrasse una infezione all'occhio che non guarì mai completamente
* Sono splendide le inquadrature di Venezia e dei monumenti, assolutamente non convenzionali.
* È tratto dalla commedia "The Time of the Cuckoo" di Arthur Laurents del 1952

Colonna sonora

Una speciale menzione per la colonna sonora di Alessandro Cicognini che rielabora canzoni popolari italiane come "Sul mare luccica. (Santa Lucia)". Vi sono anche pezzi di Gioachino Rossini
Premi e nomination [modifica]

* 1956 - Nomination all'Oscar come miglior attrice protagonista per Katharine Hepburn e nomination per la miglior regia a David Lean
* 1956 - Nomination ai BAFTA Awards per il miglior film e la miglior attrice protagonista (Katharine Hapburn)
* 1955 - Vinto il NYFCC Award (New York film critics circle awards) per il miglior regista a David Lean








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La cena delle beffe

























Titolo originale La cena delle beffe
Paese Italia
Anno 1941
Durata 86 min
Colore B/N
Audio sonoro
Genere drammatico
Regia Alessandro Blasetti
Soggetto dall'omonimo poema drammatico di Sem Benelli
Sceneggiatura Alessandro Blasetti, Renato Castellani
Produttore Giuseppe Amato
Casa di produzione Cines
Distribuzione (Italia) ENIC
Fotografia Mario Craveri
Montaggio Mario Serandrei
Musiche Giuseppe Becce
Scenografia Virgilio Marchi
Costumi Gino Sensani
Interpreti e personaggi

* Amedeo Nazzari: Neri Chiaramantesi
* Osvaldo Valenti: Giannetto Malespini
* Clara Calamai: Ginevra
* Valentina Cortese: Lisabetta
* Memo Benassi: Il Tornaquinci
* Piero Carnabuci: Fazio
* Lauro Gazzolo: Il Trinca
* Alberto Capozzi: Ser Luca
* Alfredo Varelli: Gabriello Chiaramantesi
* Luisa Ferida: Fiammetta
* Elisa Cegani: Laldòmide
* Nietta Zocchi: Cinzia
* Silvio Bagolini
* Umberto Sacripante
* Aldo Silvani
* Gildo Bocci
* Adele Garavaglia
* Margherita Bagni
* Lilla Brignone
* Carlo Minello
* Guglielmo Sinaz

La cena delle beffe è un film del 1941 diretto da Alessandro Blasetti, tratto dall'omonimo dramma di Sem Benelli.

È entrato nella storia per il primo seno nudo del cinema sonoro italiano,[1] che costò alla protagonista Clara Calamai, una delle maggiori dive dell'epoca, l'anatema delle autorità ecclesiastiche e alla pellicola il divieto ai minori di 16 anni.

È stato il film che ha dato la popolarità ad Amedeo Nazzari, che qui recita la battuta divenuta popolare «...chi non beve con me, peste lo colga!».

Inoltre questo film viene anche spesso ricordato per essere uno dei film interpretati dai due attori e giovani amanti Osvaldo Valenti e Luisa Ferida che, di lì a pochi anni, verranno uccisi dai partigiani.

Trama:

Nella Firenze rinascimentale di Lorenzo il Magnifico, gli arroganti fratelli Neri e Gabriello Chiaramantesi perseguitano da anni il pacifico Giannetto Malespini con pesanti scherzi e provocazioni di crescente crudeltà, infierendo tanto più quanto meno il rivale è capace di reagire agli insulti di cui è vittima.

Lo scontro giunge al culmine quando l'oggetto della contesa diventa la bella Ginevra. La donna, serva in casa Chiaramantesi, era stata offerta a Malespini in gesto di denigrazione, ma quando Neri la vede trasformarsi accanto al mediocre nemico in una splendida cortigiana, se la riprende con la forza, denudandola sotto gli occhi di Giannetto e liberandosi di lui facendolo buttare nel fiume.

Umiliato per l'ennesima volta, ma stavolta soprattutto privato di Ginevra, la quale per altro si è prontamente adattata alla compagnia di Neri, Giannetto decide di vendicarsi una volta per tutte dei terribili Chiaramantesi. Con l'intercessione dell'autorevole Tornaquinci, disposto ad aiutarlo a rifarsi delle tante ingiustizie subite, li invita ad una cena di riappacificazione, a cui i due presenziano come gesto di rispetto verso l'illustre ospite, a cui perfino loro portano il dovuto rispetto, ma anche di ulteriore spregio verso un nemico che sembra dimostrare nuovamente la sua debolezza. Giannetto però ha attentamente pianificato le sue mosse: prima divide abilmente gli avversari, costringendo Gabriello ad una precipitosa partenza dalla città quando insinua, a ragione, che lui sia interessato a Ginevra quanto e più del fratello Neri; poi sfrutta la presunzione di Neri sfidandolo ad una bravata che non può rifiutare.

Quando Neri irrompe in una locanda armato di tutto punto, come stabilito, viene però assalito dai presenti che lo stavano aspettando, perché è stata diffusa ad arte la falsa notizia che lui fosse impazzito ed animato da intenzioni assassine e il suo esuberante arrivo non ha fatto che confermare la voce. Mentre lui è a costretto a rifugiarsi in una torre campanaria, Giannetto, che ne ha preso gli abiti che si è tolto alla cena per mettersi in armatura, si reca a casa Chiaramantesi e riesce a entrare indisturbato nel letto di Ginevra, che solo la mattina dopo scopre con chi abbia effettivamente trascorso la notte.

Neri riesce a sfuggire alla trappola e tornare a casa, dove scopre la grande beffa orchestrata dal rivale, ma viene catturato prima che possa scatenare la propria furia vendicativa. Giannetto, facendosi forte del nome del Tornaquinci, lo fa mettere in prigione e finge di volerlo far rinsavire dalla pazzia con una cura d'urto, mettendolo di fronte a uomini, come il Trinca, e soprattutto donne, come Fiammetta, che Neri ha offeso o di cui si è approfittato. Fra loro c'è però anche la giovane Lisabetta, innamorata di Neri, che coglie questa occasione per avvicinarlo. Quando Giannetto gli offre di liberarlo, a patto che le reciproche offese vengano dimenticate, Neri rifiuta sdegnosamente e poi, con l'aiuto di Lisabetta, finge di essere effettivamente impazzito, a causa dei tormenti della prigionia.

Giannetto, convinto che Neri non sia affatto diventato inoffensivo e si tratti solo di una finzione, decide comunque di liberarlo, ma prepara un'ultima, terribile beffa, approfittando del ritorno in città di Gabriello, accorso alla notizia delle vicissitudini del fratello. Quella notte Neri si reca da Ginevra per uccidere Giannetto mentre si trova a letto con la donna, ma quando, dopo aver ucciso il nemico, se lo ritrova vivo e vegeto fuori dalla stanza, con aria beffarda, scopre inorridito di aver ucciso il proprio fratello, a cui Giannetto aveva concesso di sostituirlo per soddisfare infine il suo profondo desiderio per la donna. Neri, resosi conto del tragico errore, non può sopportare la consapevolezza del delitto commesso e stavolta perde davvero la ragione e si rivolge a Giannetto chiamandolo Gabriello, convincendosi di aver effettivamente ucciso il rivale e non l'amato fratello.



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Addio a Suso Cecchi D’Amico, grande sceneggiatrice del cinema italiano




















Si è spenta a Roma, all’età di 96 anni, la regina degli sceneggiatori italiani, Suso Cecchi D’Amico, la collaboratrice prediletta di Luchino Visconti. Nata a Roma nel 1914 dallo scrittore Emilio Cecchi e dalla pittrice Leonetta Pieraccini. Terminato il liceo francese Chateaubriand non si iscrive all'università, poiché, non avendo sostenuto il baccalauréat con latino e greco «allora per continuare gli studi potevo solo iscrivermi a una o due facoltà, come per esempio botanica, che francamente non m'interessavano».[1] Dopo un soggiorno all'estero, in Svizzera e in Inghilterra, a Cambridge, decide di trovarsi un lavoro. Grazie all'intervento del ministro Giuseppe Bottai, «l'unico gerarca che avesse un qualche rapporto con gli intellettuali»,[2] viene assunta al ministero delle Corporazioni, poi ministero Scambi e Valute, dove lavora per quasi sette anni come segretaria personale di Eugenio Anzilotti, direttore generale del Commercio Estero.[3] È in questo periodo che stringe un'importante amicizia con un giovane di grande talento, Enrico Cuccia.[4]
Nel 1938 sposa il musicologo Fedele D'Amico, figlio di Silvio D'Amico, dal quale avrà tre figli Masolino, Silvia e Caterina. Da sola o insieme al padre esegue molte traduzioni dall'inglese e dal francese, tra le altre Jude l'Oscuro di Thomas Hardy, La via del tabacco, Vita col padre, Veglia la mia casa, angelo, le opere shakespeariane Le allegre comari di Windsor e Otello insieme al padre. Abbandona quest'attività, nella quale per altro non dimostra la facilità che avrà invece il figlio Masolino, quando comincia a lavorare per il cinema.[5]Durante la Seconda guerra mondiale, mentre il marito, membro dei cattolici comunisti con Adriano Ossicini e Franco Rodano, conduce una vita clandestina a Roma e dirige il giornale Voce Operaia, si trasferisce per sei-sette mesi a Poggibonsi, nella villa dello zio Gaetano Pieraccini, medico e politico che sarà il primo sindaco di Firenze dopo la Liberazione.[6] Terminato il conflitto, mentre il marito è ricoverato in Svizzera per curarsi dalla tubercolosi, è «costretta ad arrabattarsi in ogni modo per mantenere sé, i suoi primi due figli [...] e la casa, popolata da tate e altre donne».[7] Tra le curiose occupazioni di questo periodo, dà lezioni di buone maniere a Maria Michi e di conversazione in inglese a Giovanna Galletti, entrambe interpreti in Roma città aperta (1945). Lavora alla sua prima sceneggiatura, Avatar, una storia romantica ambientata a Venezia, ispirata a un racconto di Théophile Gautier, con Ennio Flaiano, Renato Castellani e Alberto Moravia, per Carlo Ponti, allora non ancora produttore importante. Ma il progetto viene abbandonato prima ancora di arrivare ad una sceneggiatura vera e propria, il solo Castellani porta a termine un trattamento.[8] Insieme a Castellani lavora a una storia tratta da un soggetto del commediografo Aldo De Benedetti, Mio figlio professore (1946), diretto dallo stesso Castellani e interpretato da Aldo Fabrizi e dalle sorelle Nava. Insieme a Piero Tellini scrive Vivere in pace (1947) e L'onorevole Angelina (1947), entrambi diretti da Luigi Zampa, interpretati rispettivamente da Fabrizi e da Anna Magnani, con la quale comincia a frequentarsi assiduamente, stringendo uno dei suoi rari rapporti di amicizia con attori.[9] Per il soggetto di Vivere in pace, firmato anche da Tellini e Zampa ma sostanzialmente suo, vince il Nastro d'Argento per il miglior soggetto. Partecipa insieme a Federico Fellini, quasi sempre assente alle riunioni,[10] alla sceneggiatura del film Il delitto di Giovanni Episcopo (1947), tratto da un romanzo di Gabriele D'Annunzio e diretto da Alberto Lattuada. Scrive con Ennio Flaiano la sceneggiatura di Roma città libera (1947), di Marcello Pagliero, tratto da La notte porta consiglio, un soggetto dello stesso Flaiano. Le sedute di sceneggiatura con Flaiano trascorrono «tra chiacchiere, critiche e divagazioni sul soggetto. C’era da ricavare materia per condire dieci film; e sarebbe andato tutto perduto se fosse toccato a lui cavarne il succo».[11] Scrive con Cesare Zavattini le sceneggiature di Ladri di biciclette (1948), proponendo il finale con il tentativo di furto della bicicletta,[12] delle Mura di Malapaga (1949), diretto da René Clément e premio Oscar come migliore opera straniera, inoltre collabora alla sceneggiatura di Miracolo a Milano (1951). Il sodalizio professionale con Zavattini si interrompe quando lui disconosce il film È più facile che un cammello... diretto da Zampa, di cui ha scritto il soggetto, mentre Cecchi D'Amico e Vitaliano Brancati ne hanno curato la sceneggiatura.[13]Lavora con Mario Monicelli e la coppia Age & Scarpelli alla scrittura di I soliti ignoti (1958). Le riunioni di sceneggiatura si concludono spesso con le liti tra Age e Scarpelli, da cui Monicelli e Cecchi D'Amico si tengono fuori, per non darvi importanza.[14] Collabora alla sceneggiatura del kolossal Fabiola (1949), diretto da Blasetti. Per la scena romantica tra Fabiola (Michèle Morgan) e un bellissimo gladiatore (Henri Vidal) il regista consulta decine di persone, per un totale di quarantasette versioni, e da ciascuna prende poi un gesto o una battuta. Della sua utilizza il fatto che, durante l’incontro, l’innamorato, per far stare più comoda Fabiola, le fa un cuscino con la sabbia.[15] Con Flaiano scrive per Blasetti le sceneggiature di Peccato che sia una canaglia (1955), imponendo Sofia Loren nella parte della protagonista, dopo averla vista passare per Cinecittà, «bella, eccessiva, decorativa come un albero di Natale»,[16] e La fortuna di essere donna (1956). Per Mario Camerini, definito al pari di Blasetti un regista della generazione precedente, scrive la sceneggiatura di Due mogli sono troppe (1951). Il primo lavoro da sceneggiatrice per Visconti è La carrozza del Santissimo Sacramento, «che non si fece perché lui litigò con la produzione e il progetto passò a Renoir»,[17] poi è la volta di Bellissima (1951), con Anna Magnani e Walter Chiari. Quest'ultimo interpreta un personaggio che, appena accennato nella prima versione della sceneggiatura, viene sviluppato in seguito per motivi legati alla distribuzione del film.[18] La sceneggiatura di Senso (1954), tratta da una novella di Camillo Boito, non viene interamente girata. Riferisce la d’Amico: «Non avevo ancora una grande esperienza cinematografica con Luchino e non previdi tutti gli indugi nelle scene della villa, tutti gli attraversamenti di stanze per andare a prendere una cosa. A un certo punto delle riprese il produttore Gualino mi chiamò e mi pregò di riferire a Visconti che avrebbe chiuso. Di metraggio ce n’era più della lunghezza del film e il budget era stato ampiamente superato. Così non si girarono mai le scene della Valli che attraversa in carrozza i campi di battaglia. Il viaggio della contessa Serpieri è ridotto a un’apparizione della donna in carrozza che sarebbe dovuta passare in mezzo alle truppe insanguinate».[19] Collabora con Pratolini alla stesura del soggetto di Rocco e i suoi fratelli (1960). Scrive la sceneggiatura con Pasquale Festa Campanile e Massimo Franciosa, che entrambi, meridionali, si rivelano molto utili per la psicologia dei personaggi e per il tono dei dialoghi.[20] Nella sceneggiatura del Gattopardo (1963), dietro suggerimento di Visconti, taglia tutta la parte finale del romanzo di Tomasi di Lampedusa per dare nel ballo il senso della morte del Principe e lo sfacelo della società nobiliare dei Gattopardi.[21] Per la sceneggiatura del film Vaghe stelle dell'Orsa (1965), prende spunto dalla tragedia di Elettra. Per la realizzazione del film Lo straniero (1967) è obbligata a una trasposizione fedele del libro di Camus. Prima della fase di montaggio del film Ludwig (1973), è insieme a Visconti quando il regista viene colpito da un ictus che lo rende invalido per il resto della vita. Lavora a Gruppo di famiglia in un interno (1974) e L'innocente (1976). Con Antonioni realizza I vinti (1952), ispirato a fatti di cronaca, effettuando sopralluoghi e raccogliendo materiale reperibile nella stampa e negli atti giudiziari,[22] La signora senza camelie (1953) e Le amiche (1955), vincitore del Leone d’argento al Festival di Venezia. Collabora alla sceneggiatura del film Camicie rosse (Anita Garibaldi) (1952), diretto da Rosi e Goffredo Alessandrini, con Anna Magnani, ma il film fu definito da Cecchi d’Amico un’«avventura insensata».[23] Con Francesco Rosi lavora in altri tre film La sfida (1957), I magliari (1959) e Salvatore Giuliano (1962). Con Luigi Comencini lavora al film Proibito rubare (1948), La finestra sul Luna Park (1956), Le avventure di Pinocchio (1972), scritto per la televisione, Cuore (1984) e Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano (1969).
Nel 1994 la Mostra di Venezia le assegna il Leone d'Oro alla carriera.

Filmografia:

* Mio figlio professore, regia di Renato Castellani (1946)
* Vivere in pace, regia di Luigi Zampa (1947)
* Il delitto di Giovanni Episcopo, regia di Alberto Lattuada (1947)
* L'onorevole Angelina, regia di Luigi Zampa (1947)
* Roma città libera, regia di Marcello Pagliero (1947)
* Proibito rubare, regia di Luigi Comencini (1948)
* Ladri di biciclette, regia di Vittorio De Sica (1948)
* Fabiola, regia di Alessandro Blasetti (1949)
* Cielo sulla palude, regia di Augusto Genina (1949)
* Le mura di Malapaga, regia di René Clément (1949)
* Patto con il diavolo, regia di Luigi Chiarini (1949)
* È primavera, regia di Renato Castellani (1950)
* È più facile che un cammello..., regia di Luigi Zampa (1950)
* Romanzo d'amore, regia di Duilio Coletti (1950)
* Miracolo a Milano, regia di Vittorio De Sica (1951)
* Due mogli sono troppe, regia di Mario Camerini (1951)
* Bellissima, regia di Luchino Visconti (1951)
* Buongiorno, elefante!, regia di Gianni Franciolini (1952)
* Processo alla città, regia di Luigi Zampa (1952)
* Altri tempi - episodio Primo amore, regia di Alessandro Blasetti (1952)
* I vinti, regia di Michelangelo Antonioni (1952)
* Il mondo le condanna, regia di Gianni Franciolini (1953)
* La signora senza camelie, regia di Michelangelo Antonioni (1953)
* Febbre di vivere, regia di Claudio Gora (1953)
* Vacanze romane (Roman Holiday), regia di William Wyler (1953)
* Siamo donne - episodio Anna, regia di Luchino Visconti (1953)
* Il sole negli occhi, regia di Antonio Pietrangeli (1953)
* L'allegro squadrone, regia di Paolo Moffa (1953)
* Cento anni d'amore, regia di Lionello De Felice (1954)
* Tempi nostri - episodio Il pupo, regia di Alessandro Blasetti (1954)
* Senso, regia di Luchino Visconti (1954)
* Peccato che sia una canaglia, regia di Alessandro Blasetti (1955)
* Le amiche, regia di Michelangelo Antonioni (1955)
* Gli sbandati, regia di Francesco Maselli (1955)
* Proibito, regia di Mario Monicelli (1955)
* Graziella, regia di Giorgio Bianchi (1955)
* La fortuna di essere donna, regia di Alessandro Blasetti (1956)
* La finestra sul Luna Park, regia di Luigi Comencini (1956)
* Kean, genio e sregolatezza, regia di Vittorio Gassman (1957)
* Le notti bianche, regia di Luchino Visconti (1957)
* Mariti in città, regia di Luigi Comencini (1957)
* La sfida, regia di Francesco Rosi (1958)
* I soliti ignoti, regia di Mario Monicelli (1958)
* Nella città l'inferno, regia di Renato Castellani (1959)
* Estate violenta, regia di Valerio Zurlini (1959)
* I magliari, regia di Francesco Rosi (1959)
* Rocco e i suoi fratelli, regia di Luchino Visconti (1960)
* Risate di gioia, regia di Mario Monicelli (1960)
* La contessa azzurra, regia di Claudio Gora (1960)
* La baia di Napoli (It Started in Naples), regia di Melville Shavelson (1961)
* I due nemici, regia di Guy Hamilton (1961)
* Boccaccio '70 - episodio Il lavoro, regia di Luchino Visconti, episodio Renzo e Luciana, regia di Mario Monicelli (1962)
* Salvatore Giuliano, regia di Francesco Rosi (1962)
* Le quattro verità - episodio La lepre e la tartaruga, regia di Alessandro Blasetti (1963)
* Il Gattopardo, regia di Luchino Visconti (1963)
* Gli indifferenti, regia di Francesco Maselli (1964)
* Vaghe stelle dell'Orsa, regia di Luchino Visconti (1965)
* Casanova '70, regia di Mario Monicelli (1965)
* Spara più forte, più forte… non capisco!, regia di Eduardo De Filippo (1966)
* La bisbetica domata (The Taming of the Shrew), regia di Franco Zeffirelli (1966)
* Le fate, regia di Mario Monicelli (1966)
* Lo straniero, regia di Luchino Visconti (1967)
* L'uomo, l'orgoglio, la vendetta, regia di Luigi Bazzoni (1967)
* Senza sapere niente di lei, regia di Luigi Comencini (1969)
* Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, regia di Luigi Comencini (1969)
* Metello, regia di Mauro Bolognini (1970)
* La mortadella, regia di Mario Monicelli (1971)
* Fratello sole sorella luna, regia di Franco Zeffirelli (1972)
* Il diavolo nel cervello, regia di Sergio Sollima (1972)
* Le avventure di Pinocchio, regia di Luigi Comencini (1972)
* I figli chiedono perché, regia di Nino Zanchin (1972)
* Ludwig, regia di Luchino Visconti (1973)
* Amore e ginnastica, regia di Luigi Filippo d'Amico (1973)
* Amore amaro, regia di Florestano Vancini (1974)
* Gruppo di famiglia in un interno, regia di Luchino Visconti (1974)
* Prete, fai un miracolo, regia di Mario Chiari (1975)
* L'innocente, regia di Luchino Visconti (1976)
* Caro Michele, regia di Mario Monicelli (1976)
* Dimmi che fai tutto per me, regia di Pasquale Festa Campanile (1976)
* Gesù di Nazareth, regia di Franco Zeffirelli (1977)
* La velia, regia di Mario Ferrero (1980)
* Lighea, regia di Carlo Tuzii (1983)
* Cuore, regia di Luigi Comencini (1984)
* Uno scandalo per bene, regia di Pasquale Festa Campanile (1984)
* Bertoldo, Bertoldino e... Cacasenno, regia di Mario Monicelli (1984)
* Le due vite di Mattia Pascal, regia di Mario Monicelli (1985)
* I soliti ignoti vent'anni dopo, regia di Amanzio Todini (1986)
* Speriamo che sia femmina, regia di Mario Monicelli (1986)
* La storia, regia di Luigi Comencini (1986)
* L'inchiesta, regia di Damiano Damiani (1987)
* Oci ciornie, regia di Nikita Michalkov (1987)
* I picari, regia di Mario Monicelli (1987)
* Ti presento un'amica, regia di Francesco Massaro (1988)
* Marco e Laura dieci anni fa, regia di Carlo Tuzii (1988)
* Stradivari, regia di Giacomo Battiato (1988)
* La moglie ingenua e il marito malato, regia di Mario Monicelli (1989)
* Il male oscuro, regia di Mario Monicelli (1990)
* Rossini! Rossini!, regia di Mario Monicelli (1991)
* Parenti serpenti, regia di Mario Monicelli (1992)
* La fine è nota, regia di Cristina Comencini (1993)
* Cari fottutissimi amici, regia di Mario Monicelli (1994)
* Facciamo paradiso, regia di Mario Monicelli (1995)
* Bruno aspetta in macchina, regia di Duccio Camerini (1996)
* La stanza dello scirocco, regia di Maurizio Sciarra (1998)
* Panni sporchi, regia di Mario Monicelli (1999)
* Un amico magico: il maestro Nino Rota, regia di Mario Monicelli (1999)
* Il cielo cade, regia di Andrea e Antonio Frazzi (2000)
* Come quando fuori piove, regia di Mario Monicelli (2000)
* Il mio viaggio in Italia, regia di Martin Scorsese (2001)
* Raul – Diritto di uccidere, regia di Andrea Bolognini (2005)
* L’inchiesta, regia di Giulio Base (2006)
* Le rose del deserto, regia di Mario Monicelli (2006)

Premi cinematografici:

* Mostra del cinema di Venezia
o 1993: Premio Pietro Bianchi
o 1994: Leone d'oro alla carriera

* David di Donatello
o 1980: David speciale
o 1986: David Luchino Visconti; miglior sceneggiatura - Speriamo che sia femmina
o 2006: David del Cinquantenario

* Nastri d'argento
o 1947: miglior soggetto - Vivere in pace
o 1949: miglior sceneggiatura - Ladri di biciclette
o 1950: miglior sceneggiatura - È primavera...
o 1959: miglior soggetto - La sfida; miglior sceneggiatura - I soliti ignoti
o 1961: miglior sceneggiatura - Rocco e i suoi fratelli
o 1986: miglior sceneggiatura - Speriamo che sia femmina
o 1987: miglior soggetto - L'inchiesta

Note:

1. ^ Suso Cecchi D'Amico, Storie di cinema (e d'altro) raccontate a Margherita d'Amico, Garzanti, 1996, p. 9
2. ^ Suso Cecchi D'Amico, op. cit., p. 10
3. ^ Suso Cecchi D'Amico, op. cit., pp. 11-13
4. ^ Suso Cecchi D'Amico, op. cit., pp. 18-19
5. ^ Suso Cecchi D'Amico, op. cit., pp. 29-30
6. ^ Suso Cecchi D'Amico, op. cit., pp. 38
7. ^ Suso Cecchi D'Amico, op. cit., p. 36
8. ^ Suso Cecchi D'Amico, op. cit., pp. 22-24
9. ^ Suso Cecchi D'Amico, op. cit., p. 27
10. ^ Suso Cecchi D'Amico, op. cit., p. 24
11. ^ Suso Cecchi D'Amico, op. cit., p. 79
12. ^ Suso Cecchi D'Amico, op. cit., p. 76
13. ^ Suso Cecchi d'Amico Suso, op. cit., pp. 75-76
14. ^ Suso Cecchi D'Amico, op. cit., p. 77
15. ^ Suso Cecchi D'Amico, op. cit., pp. 103-104
16. ^ Suso Cecchi D'Amico, op. cit., p. 115
17. ^ Suso Cecchi D'Amico, op. cit., p. 98
18. ^ Suso Cecchi D'Amico, op. cit., p. 100
19. ^ Suso Cecchi D'Amico, op. cit., p. 105
20. ^ Suso Cecchi D'Amico, op. cit., p. 148
21. ^ Suso Cecchi D'Amico, op. cit., pp. 155-156
22. ^ Suso Cecchi d’Amico, op. cit., p. 142
23. ^ Suso Cecchi D'Amico, op. cit., p. 119

Bibliografia:

* Suso Cecchi D'Amico, Storie di cinema (e d'altro) raccontate a Margherita D'Amico, Garzanti, 1996

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La corona di ferro


























Titolo originale La corona di ferro
Paese Italia
Anno 1941
Durata 97 min
Colore B/N
Audio sonoro
Rapporto 1,37:1
Genere fantastico, avventura
Regia Alessandro Blasetti
Soggetto Alessandro Blasetti, Renato Castellani
Sceneggiatura Corrado Pavolini, Guglielmo Zorzi, Giuseppe Zucca, Alessandro Blasetti, Renato Castellani
Casa di produzione Enic, Lux Film
Fotografia Václav Vích, Mario Craveri
Montaggio Mario Serandrei
Musiche Alessandro Cicognini (direzione orchestrale di Pietro Sassoli)
Scenografia Virgilio Marchi
Costumi Gino C. Sensani
Interpreti e personaggi

* Elisa Cegani: la madre di Elsa / Elsa
* Luisa Ferida: Kavaora, madre di Tundra / Tundra
* Gino Cervi: re Sedemondo di Kindaor
* Massimo Girotti: Licinio e suo figlio Arminio
* Osvaldo Valenti: Eriberto
* Rina Morelli: la vecchia del fuso
* Umberto Silvestri: Farkas
* Stelio Carnabuci: Re Artace
* Paolo Stoppa: Trifilli
* Amedeo Trilli: un re al torneo
* Renato Navarrini: ministro del re della Rosa
* Giorgio Gentile: il re della Rosa
* Ugo Sasso: Artalo
* Primo Carnera: Klasa, il servo di Tundra
* Piero Pastore: Sestio
* Vittoria Carpi: sposa di Artalo
* Satia Benni: la vedova
* Dina Perbellini: nutrice
* Rossana Rocchi: Elsa
* Maurizio Romitelli: Arminio
* Mario Ersanilli
* Antonio Marietti
* Umberto Sacripante
* Ada Colangeli
* Jolanda Fantini
* Giovanni Stupin
* Adele Garavaglia
* Gemma D'Ambri
* Adriano Micantoni
* Alda Perosino
* Mario Mazza
* Giovanni Stupin
* Piero Carnabuci
* Renato Karninski
* Lino Bears

Doppiatori italiani

* Augusto Marcacci: Licinio
* Gualtiero De Angelis: Arminio

Premi

* Coppa Mussolini al miglior film italiano alla Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia 1941

La corona di ferro è un film del 1941 diretto da Alessandro Blasetti, vincitore della Coppa Mussolini al miglior film italiano alla 9ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.

Si tratta di uno spettacolare kolossal fiabesco, «complesso, cupo e tormentato»,[1] dalle venature pacifiste[2] e dai molteplici riferimenti culturali, di grande successo popolare.[3]

Trama:

La spedizione che trasporta la corona di ferro, forgiata con un chiodo della croce, inviata dall'imperatore di Bisanzio al papa in segno di pace, attraversa una terra dove si è appena conclusa una lunga e gravosa guerra. Il vincitore, Licinio, è pronto ad offrire allo sconfitto Artace una pace onorevole, ma il fratello Sedemondo lo fa uccidere alle spalle con una freccia, usurpandone il trono di Kindaor e condannando il nemico all'esilio e il suo popolo alla schiavitù. Tenta poi di impadronirsi della corona di ferro, facendo sterminare la scorta dall'infallibile arciere Farkas, alle gole di Natersa, ma la preziosa reliquia si sottrae alle mire del nuovo sovrano, sprofondando miracolosamente nella terra.

Una misteriosa vecchia, che vive nella foresta, profetizza a Sedemondo che il suo comportamento sacrilego non rimarrà impunito: al fratricida nascerà una femmina, all'ucciso un maschio, e i due si ameranno tragicamente. In effetti, a Kindaor, la moglie di Sedemondo ha partorito una femmina, Elsa, e la vedova di Licinio un maschio, Arminio, ma i neonati vengono opportunamente scambiati per salvare loro la vita. I due bambini vengono cresciuti come fratello e sorella, finché Sedemondo non intuisce l'inganno e allontana Arminio facendolo portare nell'isolata valle dei leoni, ma la vecchia gli cancella il ricordo di quale sia stata la sorte del bambino, quindi il re è costretto a segregare Elsa nella reggia, protetta da tre ordini di cancelli.

Vent'anni dopo, Sedemondo bandisce un torneo, il cui vincitore potrà sposare Elsa. Nel frattempo, una frana apre un varco fra i monti che circondano la valle dei leoni e Arminio può uscire all'esterno, inseguendo un cervo. Durante la caccia incontra Tundra, figlia di Artace, di cui si innamora subito, che gli propone di combattere nel torneo, per aiutarla a conquistare la libertà del suo popolo. Lo stesso invito gli viene rivolto anche dalla vecchia della foresta.

A Kindaor, alla vigilia del torneo, Elsa esce fra la folla travestita da ancella, incontra Arminio e i due sono fatalmente attratti l'una dall'altro, come profetizzato. In un successivo incontro, nei panni di figlia del re gli chiede di non partecipare al torneo, per non arrecare dispiacere alla sua ancella. Ma quando il terribile re dei tartari Eriberto sconfigge tutti i pretendenti e poi rifiuta l'offerta di Sedemondo di rinunciare alla mano di Elsa in cambio di ricchezze e terre, Arminio non può evitare di intervenire in aiuto della donna, prevalendo sul pericoloso avversario e scoprendo con piacere che Elsa e la sua ancella sono la stessa persona e può quindi esprimerle liberamente il suo amore.

Tundra vorrebbe vendicarsi del tradimento di Arminio nei suoi confronti, ma rinuncia di fronte all'intenzione di Elsa di proporre al padre di liberare dalla schiavitù il popolo di Tundra e concedergli parte del regno. Quando però Elsa rivolge quella richiesta a Sedemondo, questi le avvelena la mente con il sospetto che Arminio in realtà ami Tundra e lei decide di rovinare qualsiasi rapporto esistente tra i due, facendo credere all'amato che l'altra abbia provato ad attentare alla propria vita.

Mentre Tundra, scacciata da Arminio, torna al suo piano originario e lancia al suo esercito il segnale per invadere Kindaor attraverso le gole di Natersa, Arminio comincia però a recuperare i ricordi dell'infanzia e, nel riconoscere sul braccio di Elsa il segno di una comune frustrata subita da bambini per mano di Sedemondo, crede che lei sia sua sorella. Elsa, disperata per quella scoperta che condanna il loro amore, fugge via verso le gole. Arminio, affrontato direttamente Sedemondo e scoperto che lui ed Elsa sono soli cugini, si lancia all'inseguimento della donna, mentre il re impazzisce nel vedere avverarsi la temuta profezia di tanto tempo prima.

Alle gole di Natersa si compie il destino dei protagonisti della vicenda. Elsa, per espiare la sua colpa nei confronti di Tundra, la protegge con il proprio corpo dalla freccia fatale scoccata da Farkas, e in punto di morte rivela ad Arminio, accorso troppo tardi per salvarla, che l'ha ingannato sulle intenzioni di Tundra. I due eserciti nemici, giunti sul posto, vengono divisi dall'improvvisa apertura di una voragine, che inghiotte il corpo di Elsa e riporta alla luce la corona di ferro, la cui apparizione fa deporre le armi ad entrambi gli schieramenti. Mentre la reliquia riprende il viaggio verso la sua originaria destinazione, Arminio e Tundra si sposano e salgono al trono di Kindaor, finalmente pacificato.

Critica:

Blasetti ha sempre presentato il film come un apologo pacifista, una favola contro qualsiasi forma di violenza, senza dirette allusioni politiche,[4] affermando di aver voluto manifestare la sua «avversione alla violenza, alla conquista, all'eroismo sterile».[5]

In una narrazione sofferta, esasperata e sovraccarica,[6] Blasetti ha sintetizzato e contaminato le più diverse ispirazioni: «ha raccolto tutto quanto la storia millenaria della fiaba gli ha portato [...] Più che una fiaba, hai qui un'officina della Fiaba»; [7] «tipico centone di miti e racconti popolari e fantastici, di epica mediterranea e di saghe nordiche, di richiami alla leggenda del Santo Graal a Marco Polo, alle favole di Andersen, a Tarzan, a Edipo re e alla tragedia greca, il film interessa più ancora per l'apertura al mondo del fantastico e dell'immaginario ottenuta grazie ad un’invenzione scenografica continuamente mutevole e all'enorme quantità di elementi e motivi simbolici sparsi per tutta l’opera [...] La contaminazione di stili e registri fa di quest'opera [...] un momento di sperimentazione linguistica ed espressiva tra i più interessanti di questa fase produttiva».[8]

Cast:

* Molti degli attori interpretano un doppio personaggio e per differenziare i due caratteri si ricorre o al trucco o, come ad esempio nel caso di Massimo Girotti, al doppiaggio: la sua voce è infatti doppiata da Augusto Marcacci per Licinio e da Gualtiero De Angelis per Arminio.

* Nella parte di Klasa, il servo di Tundra, compare sullo schermo la gigantesca figura di Primo Carnera più adatto a combattere sul ring che a ricoprire, come in questo caso, ruoli di attore cinematografico come fece in più di venti film.

* Il film è celebre anche per la scena, azzardata per l'epoca, in cui viene mostrato per pochi secondi il seno nudo della giovane attrice Vittoria Carpi. Comunemente il primo seno nudo del cinema sonoro italiano è però considerato quello di Clara Calamai nel successivo film di Blasetti, La cena delle beffe,[9] probabilmente perché la Calamai è la protagonista del film, mentre la Carpi è giusto una comparsa. La "primogenitura" è per altro rivendicata anche da Doris Duranti, rivale artistica della Calamai, per il film Carmela (1942), con la seguente spiegazione: «il mio fu il primo seno nudo ripreso all'impiedi, apparve eretto com'era di natura, orgoglioso, senza trucchi, invece la Calamai si fece riprendere sdraiata, che non è una differenza da poco».[10]

Note:

1. ^ Il Mereghetti - Dizionario dei Film 2008. Milano, Baldini Castoldi Dalai editore, 2007. ISBN 9788860731869 p. 710
2. ^ Il Morandini - Dizionario dei Film 2000. Bologna, Zanichelli editore, 1999. ISBN 8808021890 pp. 311-312
3. ^ Gianfranco Gori, Alessandro Blasetti. Firenze, La nuova Italia, 1984. p. 67
4. ^ Gianfranco Gori, op. cit., p. 65
5. ^ A. Blasetti, Trent’anni di cinema che ho vissuto, in Cinema Nuovo, anno V, n° 93, 1956, p. 242
6. ^ Gianfranco Gori, op. cit., p. 69
7. ^ Massimo Bontempelli, nel 1941, sul supplemento speciale della rivista Film Quotidiano per la Mostra del Cinema di Venezia, citato in Gianfranco Gori, op. cit., pp. 66-67
8. ^ Gian Piero Brunetta, Storia del cinema italiano 1895-1945, Roma, Editori Riuniti, 1979, pp. 504-505
9. ^ Il Mereghetti - Dizionario dei Film 2008, p. 556
10. ^ E. Lancia, R. Poppi, Dizionario del cinema italiano, Gremese editore, 2003, p. 122







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