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La cena delle beffe

























Titolo originale La cena delle beffe
Paese Italia
Anno 1941
Durata 86 min
Colore B/N
Audio sonoro
Genere drammatico
Regia Alessandro Blasetti
Soggetto dall'omonimo poema drammatico di Sem Benelli
Sceneggiatura Alessandro Blasetti, Renato Castellani
Produttore Giuseppe Amato
Casa di produzione Cines
Distribuzione (Italia) ENIC
Fotografia Mario Craveri
Montaggio Mario Serandrei
Musiche Giuseppe Becce
Scenografia Virgilio Marchi
Costumi Gino Sensani
Interpreti e personaggi

* Amedeo Nazzari: Neri Chiaramantesi
* Osvaldo Valenti: Giannetto Malespini
* Clara Calamai: Ginevra
* Valentina Cortese: Lisabetta
* Memo Benassi: Il Tornaquinci
* Piero Carnabuci: Fazio
* Lauro Gazzolo: Il Trinca
* Alberto Capozzi: Ser Luca
* Alfredo Varelli: Gabriello Chiaramantesi
* Luisa Ferida: Fiammetta
* Elisa Cegani: Laldòmide
* Nietta Zocchi: Cinzia
* Silvio Bagolini
* Umberto Sacripante
* Aldo Silvani
* Gildo Bocci
* Adele Garavaglia
* Margherita Bagni
* Lilla Brignone
* Carlo Minello
* Guglielmo Sinaz

La cena delle beffe è un film del 1941 diretto da Alessandro Blasetti, tratto dall'omonimo dramma di Sem Benelli.

È entrato nella storia per il primo seno nudo del cinema sonoro italiano,[1] che costò alla protagonista Clara Calamai, una delle maggiori dive dell'epoca, l'anatema delle autorità ecclesiastiche e alla pellicola il divieto ai minori di 16 anni.

È stato il film che ha dato la popolarità ad Amedeo Nazzari, che qui recita la battuta divenuta popolare «...chi non beve con me, peste lo colga!».

Inoltre questo film viene anche spesso ricordato per essere uno dei film interpretati dai due attori e giovani amanti Osvaldo Valenti e Luisa Ferida che, di lì a pochi anni, verranno uccisi dai partigiani.

Trama:

Nella Firenze rinascimentale di Lorenzo il Magnifico, gli arroganti fratelli Neri e Gabriello Chiaramantesi perseguitano da anni il pacifico Giannetto Malespini con pesanti scherzi e provocazioni di crescente crudeltà, infierendo tanto più quanto meno il rivale è capace di reagire agli insulti di cui è vittima.

Lo scontro giunge al culmine quando l'oggetto della contesa diventa la bella Ginevra. La donna, serva in casa Chiaramantesi, era stata offerta a Malespini in gesto di denigrazione, ma quando Neri la vede trasformarsi accanto al mediocre nemico in una splendida cortigiana, se la riprende con la forza, denudandola sotto gli occhi di Giannetto e liberandosi di lui facendolo buttare nel fiume.

Umiliato per l'ennesima volta, ma stavolta soprattutto privato di Ginevra, la quale per altro si è prontamente adattata alla compagnia di Neri, Giannetto decide di vendicarsi una volta per tutte dei terribili Chiaramantesi. Con l'intercessione dell'autorevole Tornaquinci, disposto ad aiutarlo a rifarsi delle tante ingiustizie subite, li invita ad una cena di riappacificazione, a cui i due presenziano come gesto di rispetto verso l'illustre ospite, a cui perfino loro portano il dovuto rispetto, ma anche di ulteriore spregio verso un nemico che sembra dimostrare nuovamente la sua debolezza. Giannetto però ha attentamente pianificato le sue mosse: prima divide abilmente gli avversari, costringendo Gabriello ad una precipitosa partenza dalla città quando insinua, a ragione, che lui sia interessato a Ginevra quanto e più del fratello Neri; poi sfrutta la presunzione di Neri sfidandolo ad una bravata che non può rifiutare.

Quando Neri irrompe in una locanda armato di tutto punto, come stabilito, viene però assalito dai presenti che lo stavano aspettando, perché è stata diffusa ad arte la falsa notizia che lui fosse impazzito ed animato da intenzioni assassine e il suo esuberante arrivo non ha fatto che confermare la voce. Mentre lui è a costretto a rifugiarsi in una torre campanaria, Giannetto, che ne ha preso gli abiti che si è tolto alla cena per mettersi in armatura, si reca a casa Chiaramantesi e riesce a entrare indisturbato nel letto di Ginevra, che solo la mattina dopo scopre con chi abbia effettivamente trascorso la notte.

Neri riesce a sfuggire alla trappola e tornare a casa, dove scopre la grande beffa orchestrata dal rivale, ma viene catturato prima che possa scatenare la propria furia vendicativa. Giannetto, facendosi forte del nome del Tornaquinci, lo fa mettere in prigione e finge di volerlo far rinsavire dalla pazzia con una cura d'urto, mettendolo di fronte a uomini, come il Trinca, e soprattutto donne, come Fiammetta, che Neri ha offeso o di cui si è approfittato. Fra loro c'è però anche la giovane Lisabetta, innamorata di Neri, che coglie questa occasione per avvicinarlo. Quando Giannetto gli offre di liberarlo, a patto che le reciproche offese vengano dimenticate, Neri rifiuta sdegnosamente e poi, con l'aiuto di Lisabetta, finge di essere effettivamente impazzito, a causa dei tormenti della prigionia.

Giannetto, convinto che Neri non sia affatto diventato inoffensivo e si tratti solo di una finzione, decide comunque di liberarlo, ma prepara un'ultima, terribile beffa, approfittando del ritorno in città di Gabriello, accorso alla notizia delle vicissitudini del fratello. Quella notte Neri si reca da Ginevra per uccidere Giannetto mentre si trova a letto con la donna, ma quando, dopo aver ucciso il nemico, se lo ritrova vivo e vegeto fuori dalla stanza, con aria beffarda, scopre inorridito di aver ucciso il proprio fratello, a cui Giannetto aveva concesso di sostituirlo per soddisfare infine il suo profondo desiderio per la donna. Neri, resosi conto del tragico errore, non può sopportare la consapevolezza del delitto commesso e stavolta perde davvero la ragione e si rivolge a Giannetto chiamandolo Gabriello, convincendosi di aver effettivamente ucciso il rivale e non l'amato fratello.



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