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Grand Hotel






















(Grand Hotel)

Paese: Stati Uniti d'America
Anno: 1932
Durata: 112 min
Colore: B/N
Audio: sonoro
Rapporto: 1,37:1
Genere: commedia, drammatico
Regia: Edmund Goulding
Soggetto: William A. Drake, Vicki Baum
Sceneggiatura: William A. Drake, Vicki Baum

Interpreti e personaggi

* Greta Garbo: madame Grusinskaya
* John Barrymore: Baron Felix von Geigern
* Joan Crawford: Flaemmchen
* Wallace Beery: Preysing
* Lionel Barrymore: Otto Kringelein
* Lewis Stone: Dr. Otternschlag

Doppiatori italiani:

Doppiaggio del 1934:

* Francesca Braggiotti: Greta Garbo

Doppiaggio del 1952:

* Anna Proclemer: Greta Garbo
* Ivo Garrani: John Barrymore
* Gemma Griarotti: Joan Crawford
* Vittorio Sanipoli: Wallace Beery

Episodi:
Fotografia: William H. Daniels
Montaggio: Blanche Sewell
Scenografia: Cedric Gibbons
Costumi: Adrian

Premi:

* Premi Oscar 1932: miglior film

Trama: La Grusinskaya, una ballerina giunta ormai alla fine della carriera, fissa una stanza all'hotel, dove si rinchiude e dà sfogo alla sua disperazione. Ha deciso di non mettere più al collo le sue perle, perché è convinta che le abbiano portato sfortuna e un nobile caduto in miseria, il barone Von Gaigern, progetta di rubargliele. Intanto il finanziere Preysing, che ha preso alloggio nello stesso hotel per concludere un affare dal quale dipende la sua salvezza commerciale, seduce la Flaemmchen, una stenografa dell'albergo. Quest'ultima ha deciso che ci sono vie più brevi della stenografia per arrivare alla pelliccia di visone. La Grusinskaya rientra in albergo dopo un ennesimo insuccesso e interrompe l'opera del barone, che rubate le perle, si nasconde precipitosamente nella stessa camera. Vedendo che la ballerina medita il suicidio, egli balza fuori dal suo nascondiglio e le spiega la sua presenza dicendo di essere un suo ammiratore, ma si accorge quasi subito di essere innamorato di lei. Restituisce allora le perle e anche la donna si innamora di lui: i due decidono di andarsene per ricominciare una nuova vita. Intanto il barone ha stretto amicizia con un ex impiegato di Preysing, Kringelein, che, sapendo di essere minato da un male incurabile, ha deciso di spendere tutti i suoi risparmi per vivere alla grande i suoi ultimi giorni. Il barone lo deruba, ma anche questa volta restituisce la refurtiva, vinto dal rimorso.. Alla disperata ricerca di denaro, il barone decide allora di derubare Preysing, che lo sorprende sul fatto e lo uccide colpendolo con il telefono. La Flaemmchen, che ha assistito al delitto, racconta ogni cosa a Kringelein, il quale si vendica dell’ex datore di lavoro facendolo arrestare dalla polizia. Kringelein e la Flaemmchen, che il caso ha unito, fanno progetti per il futuro e decidono di partire insieme per Parigi. All’oscuro dei fatti, la Grusinskaya lascia felice l’albergo convinta di incontrarsi con il barone. Il medico dell’albergo quello stesso mattino si reca al bancone per domandare se ci sono novità per lui e si lamenta che nell’albergo non accada mai nulla.Come dice il buon osservatore, ospite dell'albergo, dott. Otternschlag: "Al Grand Hotel la gente va, la gente viene, ma non succede mai nulla". Agli inizi degli anni Trenta nel panorama della cinematografia mondiale si impose un nuovo stile: quello destinato alla confezione delle cosiddette parate di stelle. Capostipite del genere, decisamente rivolto a ottenere dallo star-system il massimo rendimento economico, fu Grand Hotel, realizzato dalla MGM con la regia di Edmund Goulding. Per la prima volta le locandine annunciavano uno staff di attori provenienti dall’olimpo hollywoodiano egualmente impegnati in un film che all’uscita raccolse consensi e ovazioni sia da parte del pubblico sia da parte della quasi totalità della critica. Erano i tempi dell’affermazione del divismo e le code ai botteghini ove si proiettavano i film con la Garbo o con la Crawford, con Beery o i Barrymore parevano un dato di fatto immutabile. Lo studio system, coinvolgendoli tutti in un’unica pellicola, trovò così la sua pietra filosofale per giungere al pieno successo e stabilirsi in vetta alle classifiche. Grand Hotel era tratto da un racconto della scrittrice Vicki Baum (titolo dell’opera letteraria era Menschen im Hotel) pubblicato nel 1929 in Germania e a cui il pubblico aveva dedicato un immediato trionfo. Per dare maggiore vigore alle sue pagine e infondervi un certo realismo, la Baum si era addirittura impiegata come cameriera presso un albergo berlinese e per sei settimane aveva osservato e raccolto dati su quel campionario di umanità che solitamente ofrrivano i grandi alberghi dell’epoca. Subito ne furono acquistati i diritti per una riduzione teatrale nella Berlino del 1930, ma sulle prime l’operazione non ebbe fortuna. Quella girandola di situazioni in cui trovavano posto una ballerina sulla strada del declino, un barone che è anche un ladro di gioielli, un impiegato colpito da un male incurabile, una dattilografa dalla conturbante bellezza, non sembrava adattarsi al palcoscenico. Ma Kate Corbaley, incaricata dalla MGM di cercare in Europa soggetti da portare sullo schermo, lesse una critica di quel lavoro teatrale e decise di sottoporlo agli studi di produzione per un eventuale acquisto dei diritti cinematografici e teatrali. Ma poiché i diritti teatrali erano già stati ceduti, la MGM si impegnò con Herman Shumlin – produttore di Broadway – a non presentare il film sino a che le repliche in teatro non fossero esaurite, o almeno dopo 15 mesi dall’inizio, fissato per il novembre del 1930. Dunque ci fu tutto il tempo necessario a preparare il lancio del film e scegliere oculatamente regista, sceneggiatori e interpreti. Per la regia si pensò dapprima a Paul Fejos, ma la prova negativa da lui fornita in The Great Lover fece cambiare idea a Thalberg, che si orientò verso Lewis Milestone, reduce dal fortunato All’ovest niente di nuovo, il quale pareva avere tutte le carte in regola per affrontare il gruppo di star coinvolte nell’operazione commerciale della MGM. La fortuna finì per baciare un altro autore, l’inglese Edmund Goulding, che aveva già diretto parecchi film per la Metro. Per Grand Hotel il budget fu di 700.000 dollari, una cifra considerevole, ma non senza precedenti nell’ambito delle realizzazioni delle majors. Fu invece la presenza di divi e dive a farne l’evento internazionale del 1932. Dopo la prima, tenutasi a New York il 12 aprile, si potevano leggere sui quotidiani critiche di questo tenore: indubbiamente Grand Hotel è il film più importante dalla nascita del sonoro ad oggi (New York Times); Vedere la Garbo in un ruolo inedito, libera di recitare come vuole e lontana dai suoi cliché di seduttrice, controbilanciata da un Barrymore che ha abbandonato i facili manierismi, un Wallace Beery nel pieno controllo della sua effervescente capacità di attore dai toni istrionici, una Crawford fare sfoggio della sua acerba e affascinante giovinezza, un Lionel Barrymore emergere con insolita prepotenza dal resto del cast (…) tutto ciò non fa che rendere il film unico nel suo genere, piacevole per qualunque tipo di pubblico e interessante anche per l’addetto ai lavori (The Observer). Soprattutto l’interpretazione della Garbo fu accolta con grande entusiasmo dai critici che la giudicarono impeccabile, ma buone erano anche le prove dei caratteristi Lewis Stone e Jean Hersholt, e le scenografie di Cedric Gibbons, tipiche della Berlino d’anteguerra. Nel 2007, Grand Hotel è stato scelto per la preservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.




















































































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