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Perché Cinema Classic?

"succhiare il midollo della vita … due strade trovai nel bosco e io presi quella meno battuta

da “L’attimo fuggente

Non so, miei cari amici navigatori, se saprò raccontarvi di quando seduto davanti ad un magico lenzuolo bianco sogno, mi emoziono, insomma vivo. Lì sopra si muovono delle persone, che parlano tra loro. Lì sopra sfilano storie emozionanti, scorre perfino il tempo. Un giorno quel lenzuolo parla dei Cavalieri della Tavola Rotonda, il giorno dopo dell’invasione dei marziani, il giorno dopo ancora della conquista del West. Su quel lenzuolo le persone che vedo, gente che non conosco, fanno tante cose incredibili: si baciano, si sparano, fuggono, cantano, muoiono. E qualche volta mi porto, nel cuore, qualcuno di quella gente a casa mia. Per il pubblico il film è, dunque, un’occasione per entrare nel mondo dell’illusione. Come non amare, come Godard, John Wayne quando, in “Sentieri selvaggi”, prende Natalie Wood tra le braccia?



Davanti a questa premessa, gli amici navigatori cinefili più giovani e più innovatori forse sceglieranno un’altra piazza virtuale (questa è dedicata al cinema classico), io spero di no, e comunque voglio dire a questi amici che le radici del cinema moderno affondano truffautianamente nel terreno dell’antico. Sentiamo, per esempio, cosa dice R. W. Fassbinder di Douglas Sirk, il regista della passione amorosa, il ritrattista femminile del cinema classico: “Nessuno di noi – ha osservato Fassbinder – Godard, Fuller, io o chiunque altro, può uguagliare Douglas Sirk. Sirk ha detto: “Il cinema è sangue, lacrime, violenza, odio, amore e morte”. Sirk ha anche detto che non si possono girare film sulle cose, ma solamente con le cose, con la gente, con le luci, con i fiori, con gli specchi, con il sangue e con quant’altro rende la vita degna di essere vissuta. Sirk ha inoltre aggiunto che l’impiego delle luci e degli angoli di ripresa è la vera filosofia di un regista. Sicuramente ha realizzato i film più delicati che io abbia mai visto. Sono il prodotto di qualcuno che ama la gente e non la disprezza come noi. Gli uomini non possono vivere soli, ma nemmeno in compagnia. Così la disperazione diventa un elemento essenziale dei suoi film”. E per dimostrare questo Fassbinder girò il suo melodramma più elegante e sofisticato: “Veronika Voss” (Die Sehnsucht der Veronika Voss, 1982),



nel quale un giornalista importuno, adoratore di una ex diva del Terzo Reich, scopre che questa viene tenuta prigioniera da una dottoressa senza scrupoli e dai suoi accorti scherani, i quali sfruttano la donna ricattandola con la morfina. Una scoperta questa del buon giornalista tanto più terribile e inquietante perché nell’immagine della diva di un tempo risiede tutto il ricordo del cinema espressionista tedesco, lo “schermo demoniaco” – come ebbe a chiamarlo Lotte Eisner – e delle sue splendide attrici. Ho una convinzione: che le forme del comportamento umano attraverso il tempo non cambiano. Anche se tutto sembra diverso, tutto rimane assolutamente lo stesso. Anche se tutto sembra cambiato, niente è veramente cambiato. Purtroppo, oggi, molti cinema sono spariti, al loro posto sono arrivate cose importanti: grandi magazzini, banche, perfino parcheggi. Tutte cose utili, che hanno bisogno del loro spazio. Ma abbiamo bisogno di emozionarci, di sognare, di stupirci. In fondo sono fortunato. Vivo in una città nella quale ci sono delle sale cinematografiche. Ma in Italia ci sono delle città dove i cinema rischiano di non esistere più. Sparire, essere divorati dalle cose utili, che servono a comprare e vendere, a trattare investimenti e tassi di interesse. Ma un cinema che chiude è un assassinio della fantasia. Come se d’improvviso un albero diventasse una banca, un fiume un grande magazzino, due sguardi innamorati che si incrociano una palestra. A Genova, fortunatamente, per molti che hanno tirato giù la saracinesca negli anni passati, hanno aperto i nuovi Cineplex, portando a un’inversione di tendenza e al ritorno al cinema soprattutto dei giovani. Comunque, mi considero in un’isola felice perché è il capoluogo con il maggior numero di cinema d’essai. Dunque, il numero delle sale cinematografiche non è più diminuito. Dunque, non è più un genocidio. Perché al cinema si vedono molte cose di più di quelle alle quali ci ha abituato il nostro ventisette pollici. Perché il cinema ha bisogno di grandi spazi, dei suoni forti. La faccia del mio attore preferito deve essere più grande di me. In questo la tv è cattiva. Comprime le emozioni nella freddezza piccola e composta dello schermo. Al cinema, quando l’astronave di “2001: Odissea nello spazio” (un meraviglioso film sulla filosofia, l’etica che solo superficialmente può essere definito fantascienza) varca l’infinito e i colori cominciano a scorrere veloci provai un’immensa emozione. Il piccolo schermo toglie molto dell’immenso fascino della sequenza del cielo con la musica di Strauss o ai giri di trecentosessanta gradi nell’astronave. Dunque, tra il visto in tv e al cinema, c’è la stessa differenza che esiste tra una grande pianta e un bonsai. Il cinema è fatto per il cinema. Al cinema ho imparato, credo, le cose più importanti della vita. Ho imparato a sognare, a emozionarmi per qualcosa che non mi riguardava direttamente. Il cinema mi fa venire voglia di leggere. E, leggendo, vedo le immagini del romanzo. Come in un film. E, dunque, leggere mi fa venire voglia di andare al cinema. Continuerà così, per tutta la vita. Ogni volta che rivedremo un film che ci è piaciuto lo troveremo diverso. Costringendoci a usare la fantasia quel film ci farà scoprire come siamo cambiati. Il cinema rende le persone più ricche. Se ne vedremo tanto avremo più fantasia ed emozioni.Probabilmente molti amici che leggeranno penseranno: perché rivedere i film? Rispondo, parafrasando Truffaut che si riferiva a “L’orgoglio degli Amberson” di Welles, che se Flaubert rileggeva ogni anno il Don Chisciotte non vedo perché noi non dovremmo rivedere spesso questi classici, perché dovremmo negarci questa gioia del cuore e dell’intelletto. In sintesi, dico sì, cento, mille volte sì al cinema in sala. Perché la sala cinematografica è, e sarà sempre, uno straordinario luogo di aggregazione mentre le immagini affascinanti diventano “sguardo” della memoria personale e “sogno” dell’immaginario collettivo: l’autentico (e l’unico) contravveleno alla “solitudine di massa”, della quale, oggi, tanti sociologi parlano. Il mio sogno, da piccolo, era di avere dentro, un giorno tutte le storie del mondo. Vedere tutti i film, leggere tutti i libri. Vivere, attraverso i racconti degli altri, un numero infinito di vite. E’ così bello comprare i biglietti, farseli spezzare, scansare le tende, cercare il posto migliore, aspettare che si spengano le luci. E’ come cominciare un viaggio. Un viaggio lungo, talvolta, tre od anche quattro ore perché, come disse Claude Lelouch , sono necessarie per raccontare delle belle storie, delle grandi storie. Storie di uomini e di donne. Come la vita stessa. E delle istruzioni per l’uso. Io mi emoziono ancora, quando vado al cinema. Ogni volta che entro, mi siedo e penso, scioccamente, che “ ce l’ho fatta”, come se fosse una grande impresa, non perdere questa magia: il cinema. E nel buio non c’è nient’altro. Non c’è il telefono, non c’è la cena che arriva, nessuno ti può parlare. E c’è tutta la vita. E, dunque, la vita si nutre di cinema. Uno spazio meraviglioso che spinge i desideri a esprimersi. E’un sogno, è reale ? entrambe le cose. Sono i film che portiamo dentro di noi. E la memoria si nutre di cinema. E il reale si nutre del sogno. Di quella grande magia. Come dice Alfredo, il saggio proiezionista del “Cinema Paradiso”: “Il cinema è il ricordo, il cinema è la vita”.



il ricordo dell’amore come insostituibile occasione perduta. “Se – come osserva Roger Caillois – quando sogno ho l’impressione di essere desto, questo significa che quando sono desto non posso essere sicuro di essere effettivamente desto”. Vorrei scrivere di tutti i film che amo, perché una lista di titoli preferiti è un’assurdità. Un giorno diverso, con un umore diverso, questa potrebbe essere modificata, anche i registi ricordati potrebbero restare gli stessi. Come può una persona scrivere i nomi dei film e registi che preferisce ed evitare che diventi una lista ufficiale, quando magari si trascurano autori come Griffith, Keaton, Ophuls, Renoir, Lubitsch, Lang, Chaplin, Sternberg, Mizoguchi, Murnau ? E perché non si può sentire con ugual piacere Mozart il giorno e Cole Porter la sera? Il cinema è l’ossigeno della fantasia. Perché, per me, il cinema è "una concezione del mondo [...] il cinema è diffusione d'idee" (Vladimir Majakovskij). Un paese che non lo capisce è un paese rozzo, cupo, volgare. Il cinema non è nemmeno un panda in estinzione da difendere. E’ una straordinaria risorsa. Quando vado all’estero capisco che il mio paese è famoso non soltanto per alcune cose, come la gastronomia, i calciatori, la moda, la bellezza delle città. Perché è il paese di Antonioni e di Fellini, di Visconti e di Vittorio De Sica. Sono orgoglioso di essere italiano. Perché italiano significa cinema. Perché cinema significa avere fantasia.

"Nulla può essere paragonato al cinema. Il cinema appartiene al nostro tempo. E' la cosa da fare"

Orson Welles

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